dietro la maschera

La maschera, a lungo andare, diventa il volto.
(M. Yourcenar)

E se a forza di indossare sempre delle maschere finissimo con il non riconoscere più nemmeno noi stessi? il nostro io più autentico? o se abituati alla maschera diventata volto indossata dagli altri non riuscissimo più a vederli per quello che sono davvero? o se non riuscissimo a vederli per come sono davvero perché filtrati da una maschera che noi stessi cuciamo loro addosso?

Forse percepiamo gli altri attraverso il filtro delle emozioni e delle immagini che essi risvegliano in noi, forse creiamo ogni giorno l’altro attraverso una proiezione di noi stessi, dei nostri bisogni, desideri, zone d’ombra che vediamo specchiate nei comportamenti altrui, nei loro gesti, nello loro parole ma che in realtà appartengono solo a noi. Forse è vero come scrive Amma che dobbiamo ritrovare le nostre facce originali anziché indossare delle maschere perché altrimenti ricerchiamo sempre più il mondo esterno e perdiamo il nostro sé. E così talvolta per avvicinarci agli altri ci allontaniamo da noi stessi. Per farci accettare e amare fingiamo, spesso inconsciamente, solidarietà, complicità, intimità, affetto: di per sè tutte nobili virtù si intenda, ma come scrive Umberto Galimberti, in ogni virtù non ho mai visto nulla di nobile, ma sempre e solo il soddisfacimento mascherato di un bisogno. Bisogno di amore, di accettazione, di accoglienza, di riconoscimento. E così facendo la maschera si fissa sul volto. Ogni giorno di più. Ci toglie i lineamenti originari, soffoca gli slanci spontanei della mimica del cuore, ci imprigiona in un ruolo, o in più d’uno, mai del tutto autentico, mai veramente nostro. Alieno. Alienati a noi stessi.

Come sopportare in me questo estraneo? Questo estraneo che ero io stesso per me? Come non vederlo? Come non conoscerlo? Come restare per sempre condannato a portarmelo con me, in me, alla vista degli altri e fuori intanto dalla mia? (L. Pirandello)

Cercate di comprendere che ciò che normalmente chiamate “Io” non è “Io”: vi sono molti “Io” e ogni “Io” ha un desiderio differente. Cercate di verificarlo. Voi desiderate cambiare, ma quale parte di voi ha questo desiderio? Molte parti di voi vogliono molte cose, ma solo una parte è reale. Sarebbe molto utile per voi cercare di essere sinceri con voi stessi. La sincerità è la chiave che aprirà le porte attraverso le quali vedrete le vostre parti separate, e vedrete qualcosa di nuovo. Dovete continuare a cercare di essere sinceri. Ogni giorno indossate una maschera, e dovete toglierla poco a poco. (G. Ivanovitch Gurdjieff)

E se indossare una maschera fosse inevitabilmente legato alla natura stessa di ogni persona?
Il termine stesso, persona, deriva dal latino e a sua volta probabilmente dall'etrusco, dove indicava proprio i "personaggi mascherati". Si ritiene che tale termine sia un adattamento del greco πρόσωπον prósōpon indicante il volto dell'individuo ma anche la maschera dell'attore e il personaggio da esso rappresentato. Che cos’è dunque la MASCHERA? un qualcosa di tangibile, o più spesso intangibile, utilizzato da ciascuno di noi per celare la propria identità. Durante una festa, a Carnevale, per una rappresentazione teatrale, ma soprattutto nella vita di tutti i giorni, nel mondo digitale-virtuale e nel mondo reale, online e offline. Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte, scriveva il grande drammaturgo inglese. Perché indossare una maschera è anche e soprattutto una metafora per distinguere i diversi tipi di atteggiamenti che ognuno di noi ha in contesti e situazioni di vita diversi. Si può quindi indossare la maschera dell'impiegato, come quella del burlone, quella del marito o quella dell’amante, mostrando lati diversi della propria personalità o impersonando ruoli che consciamente o inconsciamente decidiamo di interpretare nel gran teatro del mondo perché questa sera si recita a soggetto. Ma come scrisse Pessoa, alla fine di questa giornata rimane ciò che è rimasto di ieri e ciò che rimarrà di domani; l’ansia insaziabile e molteplice dell’essere sempre la stessa persona e un’altra.

Anche il grande psicoanalista Jung identificava la persona con la maschera. Maschera che l'individuo porta per rispondere alle esigenze delle convenzioni sociali, come funzione stessa assegnatagli dalla società o compito che essa si attende da lui. Una maschera però che spesso nasconde la vera natura dell'individuo. La persona è infatti la personalità pubblica, quegli aspetti che si palesano al mondo o che l'opinione pubblica attribuisce all'individuo, in opposizione alla personalità privata che esiste dietro alla facciata sociale, dietro alla maschera. Solo attraverso il processo di individuazione la persona può diventare davvero se stessa, intera, indivisibile, integrando le molte parti della psiche per realizzare il proprio Sé così da (ri)diventare un in-dividuo, vale a dire un'unità separata e indivisibile, un tutto autenticamente integro e vero, senza più le vesti a celarlo perché ora il re è finalmente nudo. E la maschera giace ai suoi piedi.