O tell me the truth about love

Tutti questi anni non ho mai cessato di amarlo, è stata una cosa bella ma insopportabile.
Gli amori impossibili non finiscono mai, sono quelli che durano per sempre.
dal film Mine Vaganti di F. Ozpetek

Elliott Erwitt, California Kiss, 1955
La verità, vi prego, sull’amore chiedeva il poeta W.H. Auden. Ma amore sfugge a ogni definizione, a ogni limite impostogli dalla ragione. A ogni verità.

Amore si manifesta in infinite forme. In tempi e modi diversi. E gli amori che più di ogni altro sfuggono alla ricerca di un senso sono gli amori impossibili, gli amori platonici, gli amori non corrisposti. E gli amori che finiscono.


Gli amori non vissuti, quelli sospesi nel tempo perché irrealizzati e irrealizzabili, sono spesso i più intensi e sofferti.
Nel suo In the Mood for Love il regista Wong Kar-Waide li descrive in modo intenso, sublime e rarefatto. Amori in cui la passione arde silenziosa, ma bruciante senza riuscire mai a manifestarsi all'esterno. Passione che si nutre di sentimenti reciproci inespressi, parole non dette, atti mancati. Gesti, sguardi, messaggi inesprimibili.
"Lo sai, dunque, che questa è la descrizione del nostro amore, che io non sia mai dove sei tu, e tu non sia mai dove sono io?", con queste parole Giorgio Manganelli descriveva la sua relazione con Alda Merini. Un amore che si nutre solo di desiderio, di tensione costante, di attesa, di mancanza, di quel senso infinito di incompiutezza che lo rende così perfetto. Perfetto perché non vissuto, non consumato dalla prosaicità della vita, dalla banalità del quotidiano.
La sua pienezza è nel silenzio, nel vuoto che in potenza può contenere ogni cosa, ogni gesto, ogni parola. È immaginazione che ricrea la realtà a suo piacimento.
Premessa che non si realizza mai. Un non ancora che dura per sempre. Ricerca talvolta disperata di un’unione con l'altro, di un ricongiungimento che spesso è con l'altro da sé, con la parte più sconosciuta di noi stessi.
Nel saggio “Le cose dell’amoreUmberto Galimberti scrive che "è del vuoto che ci si innamora, non del pieno, perché amore è trascendenza, e non simbiotico rapporto duale. Amore si dà solo là dove ci sono costruzione, proiezione, invenzione, ideazione. Nessuno, infatti, ama l’altro, ma ognuno ama ciò che ha creato con la materia dell’altro. [...] Ciò che si ama è dunque la nostra creazione, non la natura, ma ciò che, a partire dalla natura, siamo in grado di creare. [...] La fantasia che è il potenziale sovversivo di ogni ordine incontra subito nel corpo dell’altro il suo limite. Il desiderio è tensione verso l’altro nel suo sottrarsi e sfuggirmi, nel suo concedersi per un attimo e poi ritrarsi. L’amore si nutre di novità, mistero e pericolo, e ha come suoi nemici il tempo, la quotidianità e la familiarità."

Nietzsche osservava che "si ama il proprio desiderio, non quel che si è desiderato."
In amore desiderio e possesso sono in antitesi. Posso solo desiderare ciò che non posseggo ancora. Una volta posseduto, il desiderio si spegne perché "non siamo mai tanto lontani dai nostri desideri come quando ci immaginiamo di possedere ciò che desideriamo." (Goethe)
Per M. Proust "quando siamo innamorati di una persona proiettiamo semplicemente in lei un nostro stato d'animo, di conseguenza l'importante non è il valore della persona ma la profondità dello stato."

Gli amori platonici, soprattutto quelli che profumano di giovinezza, rappresentano per chi li serba nei suoi ricordi una sorta di opera incompiuta, la più emozionante che una persona possa aver creato. Amori che per restare intatti nel ricordo, per non subire l'affronto del tempo che muta ogni cosa, devono essere lasciati nel passato, là dove sono nati, nella propria immaginazione. Senza sfiorire mai.

Gli amori non corrisposti si nutrono di gioia e di dolore. Vivono nel desiderio che si realizzi ciò che non si realizzerà mai, si nutrono di speranza e di illusione, di autoinganni della mente e del cuore, di occhi spalancati sul buio. Occhi che non vedono la realtà per quello che è ma la ricreano in ogni istante per adeguarla a ciò che si desidera di più. Amori che vivono di incertezza, di futuro prossimo che diventa remoto, persino di dubbio che, come scrive John Patrick Shanley, "può essere un legame tanto forte e rassicurante quanto la certezza" stessa. Perché il dubbio è quel meccanismo di difesa dell'io che serve a mascherare la consapevolezza della realtà, quella presa di coscienza che le cose d'amore non si possono condurre, dominare e prevedere. Gli amori non corrisposti si illudono pur sapendo, più o meno consciamente, che i fantasmi d'amore sono frutto della nostra immaginazione, sono nostre stesse creazioni. Scriveva la poetessa Alda Merini: 

Ho conosciuto in te le meraviglie
meraviglie d'amore sì scoperte
che parevano a me delle conchiglie
ove odoravo il mare e le deserte

spiagge corrive e lì dentro l'amore
mi son persa come alla bufera
sempre tenendo fermo questo cuore
che (ben sapevo) amava una chimera.


Quando gli amori si allontanano o iniziano a spegnersi, spesso continuano a vivere dentro di noi nutrendosi di quella nostalgia (dal greco νόστος 'ritorno' e άλγος 'dolore') che è passione dolente per l'impossibile ritorno. Ritorno di ciò che è stato. Di ciò che avremmo desiderato durasse per sempre.
Ma come ogni cosa mortale anche gli amori giungono alla fine. Si crea così una distanza incolmabile tra i due amanti perché come scriveva W. Somerset Maugham “sometimes the greatest journey is the distance between two people.” E allora per non farsi sopraffare dalla nostalgia e dal dolore, il viaggio deve ricominciare. Sempre. Verso nuove destinazioni.

É preciso recomeçar a viagem. Sempre.
(José Saramago)