elogio della follia

La follia, mio signore, come il sole
se ne va passeggiando per il mondo, 
e non c'è luogo dove non risplenda. 
(W. Shakespeare)

La vita umana non è altro che un gioco della Follia scriveva Erasmo da Rotterdam nel suo L’elogio della follia, esaltando la Follia come portatrice di allegria e spensieratezza, ed elogiandone grandezza e utilità per il raggiungimento della felicità. Queste le parole che Erasmo mette in bocca alla personificazione della Follia:

Qualsiasi cosa dicano di me i mortali […], ecco qui la prova decisiva che io, io sola, ho il dono di rallegrare gli Dei e gli uomini.

In primo luogo osservate con quanta previdenza la natura, madre e artefice del genere umano, ebbe cura di spargere dappertutto un pizzico di follia. Se, infatti, secondo la definizione stoica, la saggezza consiste solo nel farsi guidare dalla ragione, mentre, al contrario, la follia consiste nel farsi trascinare dalle passioni, perché la vita umana non fosse del tutto improntata a malinconica severità, Giove infuse nell'uomo molta più passione che ragione […]. Relegò inoltre la ragione in un angolino della testa lasciando il resto del corpo ai turbamenti delle passioni.

Ditemi, per Giove, quale momento della vita non sarebbe triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso, senza il piacere, e cioè senza un pizzico di follia? E di questo è degno testimone il non mai abbastanza lodato Sofocle con quelle sue splendide parole di elogio per me: "Dolcissima è la vita nella completa assenza di senno".

Valida testimonianza di tutto questo è il diffuso proverbio secondo cui solo la Follia è capace di prolungare la giovinezza, altrimenti fuggevolissima, e di tenere lontana la molesta vecchiaia.

Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, e vivessero sempre sotto la mia insegna, la vecchiaia neppure ci sarebbe, e godrebbero felici di un'eterna giovinezza.

Il tema della follia percorre da sempre il pensiero dell'uomo, le parole dei filosofi, i versi dei poeti.
Follia è deviazione dalla norma, allontanamento (in)volontario dal tradizionale percorso di ricerca dell'equilibrio. Perché non sempre in medio stat virtus. Follia è visione unica, originale, sul mondo, su se stessi, sugli altri. È liberta dalle convenzioni e dalle regole imposte, dal conformismo e dal moralismo, dai dettami della logica e della ragione. È libera espressione di sé.

Ce lo ricorda ogni giorno il famoso Be hungry, be foolish di Steve Jobs che esortava ciascuno di noi a percorrere strade diverse, non battute da altri, per trovare un senso al proprio percorso di vita e realizzare la propria unicità.

Uno spot di Apple ha affidato al grande giullare Dario Fo queste parole - che il suo fondatore avrebbe certamente sottoscritto e che riprendono in parte un messaggio di Gandhi:

Dedicato ai folli. Agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, 
a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Costoro non amano le regole, specie i regolamenti e non hanno alcun rispetto per lo status quo. Potete citarli, essere in disaccordo con loro; potete glorificarli o denigrarli ma l'unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli, perché riescono a cambiare le cose, perché fanno progredire l'umanità. E mentre qualcuno potrebbe definirli folli noi ne vediamo il genio; perché solo coloro che sono abbastanza folli
 da pensare di poter cambiare il mondo 
lo cambiano davvero.

Nietzsche, filosofo considerato a suo tempo un folle che scardina il passato e stravolge i dettami della tradizione, dichiarava che nella follia c'è sempre un po' di saggezza

E la poetessa Alda Merini scriveva a proposito di se stessa: Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle potesse scatenar tempesta. Così descrive la sua esperienza diretta nel mondo della follia: Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. [...] I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita

La città di Venezia dedica da anni alla follia un FESTIVAL DEI MATTI che presenta così:

Matto è chi è diverso.
Chi è straniero a sé o agli altri. 
Chi sta oltre il confine e chi, entro il confine, sconfessa, contraddice, scombina. 
Chi osa, chi rompe, chi non si adegua. 
Chi sfida il mondo e lo riscrive nella bellezza e nell’invenzione. 
Matto è chi sta dentro la normalità, e gli pare abbastanza. 
Chi sente al limite, e chi sta in anestesia e smette di sentire. 
Chi sta solo troppo a lungo o chi non può mai starci. 
Matto è ciascuno di noi quando è bambino, vecchio, sognatore o delirante. Quando è innamorato. Quando il dolore gli toglie la voce e gli rende incomprensibile quella degli altri. 
Matto è il poeta che forza le parole e apre al mondo un nuovo senso.
Matto è chi ha lo sguardo presbite e il verbo profetico, chi uscendo dalle righe forza il reale e rende possibile l’impossibile. 
Matto è ciascuno. 
Qua e là, per poco o per tanto, gioco o serietà, ventura o sventura. 
Matto è ognuno di noi, ma poi se ne dimentica.

E allora mi chiedo se:

è forse un folle chi esprime se stesso
chi segue la propria bussola e naviga talvolta controcorrente
chi ha sete di infinito e vive di orizzonti senza confini
chi è avido di intraprendere strade che non siano già state percorse

è forse un folle chi crede alle ragioni del cuore e non soltanto alla logica del pensiero
chi è alla ricerca della propria felicità

è forse un folle chi, indifferente alla frenesia dei nostri tempi, si ferma talvolta a riflettere, ad ammirare un paesaggio, a godere della bellezza di un istante perfetto

è forse un folle chi è stanco di ascoltare parole vuote e discorsi già sentiti
chi si nutre di silenzio in un mondo che grida ogni giorno più forte

è forse un folle chi asseconda il proprio ritmo
ascolta la propria musica
balla la propria danza

è forse un folle.